Cielo rosso al mattino, Paul Lynch

Irlanda, 1832. Il giovane Coll Coyle viene cacciato dalla fattoria in cui vive con la sua famiglia. Prima di andarsene, decide di parlare con Desmond Hamilton, il figlio del proprietario terriero. È un attimo fatale, e il confronto si trasforma in tragedia. Il cranio lacerato, gli occhi rigirati, il volto inespressivo: il corpo senza vita di Hamilton giace ai piedi del suo cavallo. A Coyle non resta altra scelta che fuggire, scappare il più lontano possibile. Le guardie del padrone, guidate da John Faller – «l’incarnazione del male razionale» – cominciano a inseguirlo, e la caccia all’uomo dà origine a scene d’inimmaginabile crudeltà. Spinto tra le paludose terre della Contea di Donegal, tra sentieri tortuosi e campi selvaggi, Coyle è costretto a rifugiarsi oltre il confine, fino a raggiungere l’America. Un viaggio estenuante, che sfiora via via le misere esistenze di una serie di personaggi disperati, messi a dura prova dalla fame e dalle atrocità di un’epidemia di colera. Cielo rosso al mattino è una storia che esplora il lato più malvagio dell’uomo, una sorta di epica del cacciatore e della preda che si muovono nelle asperità della natura.

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